Ci sono un’infinità di motivi per cui sempre più persone praticano lo yoga, la meditazione o diversi esercizi di mindfulness e rilassamento. Tutto questo oltre che alla nostra mente fa bene anche alla nostra salute?
Chi pratica lo yoga e la meditazione sa bene cosa voglia dire immergersi in un esercizio che richiede costanza e concentrazione. È come fare un tuffo in un mondo nuovo, che giorno dopo giorno porta a raggiungere risultati che non avremmo creduto possibili, sia da un punto di vista fisico (utpluthit vi dice qualcosa?) che mentale. Per alcuni è amore a prima vista, una vera e propria filosofia e ragione di vita, un modo per scoprire se stessi e trovare un punto di equilibrio migliore. Per altri invece è semplice esercizio fisico, un allenamento per restare in forma, un modo per staccare e rilassarsi. Il più delle volte è tutte queste cose messe insieme.
Attraverso i secoli queste pratiche sono state usate per aumentare il proprio benessere e favorire una connessione a qualcosa di più grande di noi nel tentativo di avvicinarci a una certa forma di illuminazione e pace interiore. Il bagaglio spirituale che questi esercizi si portano dietro non è dunque da poco, ma di recente è stato sottolineato anche il loro valore da un punto di vista medico, soprattutto per quanto riguarda la mind-body medicine (la medicina della mente e del corpo) e la cura di malattie legate ad ansia, depressione e stress.
Ultime ricerche
Qualche anno fa yoga e meditazione erano giudicati una moda un po’ alternativa e indie. Nulla più di un fenomeno passeggero che al momento ci vedeva quasi tutti alla ricerca di tappetini non troppo scivolosi, fantomatici equilibri interiori e comodi pantaloni a metà strada tra leggings sformati e la tuta. L’idea che questi esercizi potessero avere un ruolo nel trattamento di alcune patologie e recare dei benefici alla mente come al corpo appariva poco fondata. Tuttavia ricerche recenti hanno dimostrano come la meditazione e altre pratiche siano in grado di ridurre il consumo di ossigeno, abbassare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca e avviare una cascata di effetti fisiologici che stanno all’esatto opposto di ciò che si verifica durante la risposta allo stress. Questo insieme coordinato di cambiamenti fisiologici è stato definito “risposta al rilassamento”.
Questo significa che lo yoga e la meditazione, come altre pratiche di rilassamento, possono avere un ruolo fondamentale nella cura di malattie legate allo stress. Il dolore cronico, per esempio, spesso accentuato da una situazione di stress psicosociale, è diventato un problema difficile da gestire con la sola somministrazione di farmaci e i costi medici che i pazienti si trovano a sostenere sono spesso considerevoli. In questi casi favorire la pratica di esercizi di rilassamento ha portato a ottimi risultati, anche se è sempre importante non farsi illusioni (un quarto d’ora di meditazione al giorno non vi porterà subito a cancellare ogni preoccupazione e pensiero, ma può lo stesso essere utile per cacciare qualche cattiva idea e tranquillizzarsi). Inoltre avere un buon maestro (o maestra) ed essere costanti nella pratica è fondamentale per ottenere dei benefici evidenti, per provare un maggior senso di benessere e sentire finalmente alleggerirsi tensioni e sintomi.
Vinyasa flow per tutti
Coltivare la propria pratica, rimanere concentrati, approfondire le tecniche e gli esercizi: tutto questo può essere un modo per stare meglio. Per curare il corpo e curare anche la nostra mente. Per aumentare la nostra resilienza attraverso la cura di sé. Per imparare a gestire il dolore cronico e lo stress. Di sicuro queste terapie mente-corpo non sono una panacea, non sono la soluzione a tutti i mali ma possono certamente fare molto. Affiancare ai sistemi di cura offerti dai nostri sistemi sanitari (e magari anche educativi) anche pratiche di questo tipo può portare a ottimi risultati sul benessere complessivo.
Tanto ancora resta però da capire: determinati approcci hanno maggiori probabilità di aiutare determinate persone, temperamenti o condizioni? Fattori psicologici o genetici predicono chi risponderà meglio a determinate pratiche? Quale può essere un “dosaggio” ottimale per ciascuno? Fino a che punto queste pratiche possono spostare il decorso della malattia e ridurre la necessità di farmaci e test e procedure costosi? In che modo personalizzare questo tipo di cura? C’è molta ricerca ancora da fare, ma questo sembra essere un ottimo punto di partenza.