In seguito ad un incidente o ad un trauma si parla di riabilitazione, riferendosi solamente alle terapie fisiche da seguire. È una visione limitata del concetto, molto più ampio in realtà che comprende olisticamente tutto il nostro essere, fisico e psichico, indissolubilmente. La vita di una persona può subire un brusco e improvviso cambio di rotta a causa di un evento traumatico. Passato lo sgomento iniziale, se il timoniere resta saldo al timone, raggiungerà porti sconosciuti e nuovi orizzonti si apriranno ai suoi occhi.
“Il futuro significa perdere quello che si ha ora, e veder nascere qualcosa che non si ha ancora.”(Haruki Murakani)
Esemplare è la storia di Andrea Stella, classe 1976, originario di Vicenza, con una grande passione per il mare e per la vela. La sua vita è cambiata all’improvviso nel 2000, durante un viaggio premio in Florida per festeggiare la laurea in Giurisprudenza.
Riabilitazione: un viaggio, l’incidente, il cambio di vita
“Mi trovavo a Fort Lauderdale, vicino a Miami, in una via molto bella, circondata dal mare, che si chiama Isle of Venice. Era sera, ho parcheggiato l’auto, sono sceso per andare a chiamare un ragazzo italiano con cui frequentavo un corso di inglese. Avevamo programmato di uscire a bere qualcosa ma lui non era in casa, io ero in ritardo, così sono ritornato all’auto, parcheggiata all’angolo della strada.
Vicino all’auto ho visto quattro persone, con il volto coperto da un passamontagna, mi sono fermato, ho capito che stavano tentando di rubarla. Non mi hanno nemmeno chiesto le chiavi o detto parola, uno di loro mi ha sparato, diverse volte, due mi hanno colpito. Sono caduto a terra e, non so come, sono riuscito ad arrivare all’auto per suonare il clacson e dare l’allarme, per farmi aiutare.
Qualcuno ha sentito e ha chiamato i soccorsi, ma la situazione era grave, una pallottola aveva leso fegato e polmone, l’altra il midollo spinale. Sono stato operato quattro volte in ventiquattro ore e mi hanno fatto fare trenta giorni di coma indotto.
Quando mi sono svegliato, il verdetto “tu non camminerai più” si è abbattuto su di me come un macigno. Per fortuna ero sopravvissuto, perché il fegato è un organo molto delicato e se viene compromesso pregiudica la vita stessa. Ma mi ritrovavo a ventiquattro anni, senza aver fatto niente di male, senza colpa, con la vita assolutamente cambiata.”
La riabilitazione passa per un trauma che ognuno nella vita affronta, sia una malattia, un incidente, un divorzio o la morte di un familiare.
Come affrontare un grande problema? A piccoli step
“All’inizio quando affrontavo le prime terapie di riabilitazione fisica ero vinto dallo sconforto, ogni cosa mi costava un enorme sforzo. Passavo cinque ore al giorno in palestra per imparare a spingere la carrozzina e pensavo “Anche no, io la faccio finita”. Mi proponevano di provare a praticare degli sport in sedia a rotelle, ad esempio basket, tennis o sci. In realtà, il basket non mi interessava, mentre lo sci lo praticavo anche prima dell’incidente e mi piaceva.
Ho iniziato ad indagare su come avrei potuto praticare uno sport in carrozzina e ho incontrato altri ragazzi nella mia situazione. Inizialmente rifiutavo qualsiasi soluzione, il problema di dover passare tutta la vita in sedia a rotelle mi sembrava insormontabile ed ero paralizzato, nella mente. La riabilitazione più dura è stata riuscire a sbloccarmi psicologicamente e non è accaduto da un giorno all’altro ma gradualmente e progressivamente. Ho ricominciato facendo delle piccole scelte, da quelle banali a quelle più importanti e impegnative che poi hanno condizionato la mia vita.
Quando parlo della mia storia nelle scuole incoraggio i ragazzi a pensare ad un problema senza volerlo affrontare e risolvere subito nella sua interezza. Meglio suddividerlo in piccoli step da superare uno alla volta per giungere finalmente alla soluzione. Ad esempio, non posso mangiare subito una torta intera, ma se la taglio a fette, in qualche giorno ci riesco.”
La riabilitazione passa per il dolore e la disperazione ma, toccato il fondo, si ritrova la forza di continuare, di ricominciare a vivere.
Una barca a vela per ricominciare
“Le persone che avevo a fianco sono state molto importanti, la ragazza di allora, i miei amici e la mia famiglia. In questo cammino mio padre mi ha aiutato molto, essendo ingegnere e imprenditore, trovava delle soluzioni tecniche ai miei problemi. Non si fermava al mio lamento “Oddio, non camminerò più”, ma cercava di propormi soluzioni che mi permettessero di ricominciare a fare qualcosa. Io sistematicamente rifiutavo tutti gli input che tentavano di propormi per invogliarmi ad impegnarmi in qualche attività.
Un giorno mio padre mi propose di tornare in barca a vela e in mare, uno sport che mi piaceva e amavo. Gli risposi che ci sarei tornato quando fossi riuscito a muovermi sulle ruote, come prima mi muovevo sulle gambe. Ma questa era la proposta che finalmente risvegliava il mio interesse e mi spronava alla riabilitazione morale, cercando una barca adatta a navigare.
È iniziata così la ricerca di un’imbarcazione in cui potessi muovermi liberamente in coperta e accessibile anche in sedia a rotelle. Ho conosciuto molte esperienze di vela e disabilità, su barche piccole, ma dove non si può salire con la carrozzina, mancava quello che ricercavo. Desideravo salire su una barca con la possibilità di rimanere seduto sulla carrozzina che era diventata il mio mondo protetto.
All’inizio mi ponevo un sacco di limiti e non accettavo di essere preso in braccio, affidandomi a qualcun’altro. Ho trovato un’associazione inglese, che proponeva un giro su una barca a vela monoscafo, accessibile e sono volato a Portsmouth per navigare tre ore. Quella prima esperienza ha cambiato la mia vita e mi ha fatto riscoprire un piacere che temevo di non provare più.”
La riabilitazione passa per l’amore di familiari o persone vicine che ci sostengono nei momenti di difficoltà, aprendo porte e offrendoci una visione diversa.
Il progetto: “Lo Spirito di Stella”, il primo catamarano accessibile
“Avevo capito però che un difetto della barca monoscafo è quello di inclinarsi molto lateralmente, compromettendo la mia stabilità e mobilità a bordo. Quindi è nata l’idea di costruire una barca accessibile, optando per un catamarano da crociera piuttosto che un monoscafo. Infatti il catamarano naviga su due scafi, è più stabile e sicuramente anche gli spazi sono ampi per muoversi con la sedia a rotelle.
A settembre del 2001, con il sostegno della mia famiglia, è iniziata la costruzione della barca, battezzata Lo Spirito di Stella. Per la costruzione e progettazione ci siamo affidati al cantiere italiano Mattia & Cecco, sul lago di Como. Hanno impiegato diciotto mesi per costruirla e io ne ho trascorsi sei in cantiere, per vederla nascere e dare le mie idee.
Questa barca è stata la mia migliore riabilitazione, man mano veniva costruita era fonte di riflessione ed insegnamenti. Con le modifiche apportate, Lo Spirito di Stella non era solo accessibile per persone in carrozzina ma era più comoda e bella per tutti. Rispetto al modello standard del Mattia 56’, il numero di cabine e bagni è rimasto invariato ma abbiamo reso gli spazi più comodi. In questo modo la barca è diventata realmente più fruibile e più bella, non solo secondo la mia opinione.
Durante le prime navigazioni, dopo il varo del catamarano, ho provato delle bellissime emozioni, potevo veramente ritornare a navigare, nel vero senso della parola. Questa riabilitazione personale mi aveva fatto riflettere su quanto lavoro ci volesse ancora perché l’accessibilità delle persone in carrozzina fosse reale. Potevo certo navigare su una barca costruita senza barriere architettoniche ma mi era difficile svolgere gesti quotidiani normali, come girare da solo per Vicenza.”
La riabilitazione passa per nuovi progetti che aprono orizzonti fisici e mentali e aiutano a continuare a sperare e sognare.
Riabilitazione: abbattere le barriere fisiche e mentali
“Prima dell’incidente non avevo mai “visualizzato” i disabili, perché ho capito dopo che, a causa di barriere fisiche o mentali, non sei visibile. Chi non è disabile può pensare che la carrozzina serva solo all’anziano accompagnato dalla badante, ma ci sono anche le mamme con i passeggini. La conoscenza ti porta a capire i problemi, li rende visibili e fa sorgere il desiderio di risolverli o mostrarli a tutti.
La prima volta in cui sono andato in Inghilterra, dopo nove mesi dall’incidente, proprio per navigare di nuovo su una barca, mi ero stupito. In supermercato avevo incontrato quattro ragazzi delle mia età in carrozzina e una dozzina di signore anziane con lo scooter a quattro ruote. Finalmente vedevo e muovendomi la disabilità diventava normale, non certo una condizione da dimenticare o nascondere, era un importante riabilitazione morale per me.
Dal mio percorso è nato il desiderio di creare l’associazione Lo Spirito di Stella, per trasformare una storia privata in un messaggio pubblico. Volevo tentare di creare un ambiente urbano fatto di quotidianità, come bar, ristoranti, marciapiedi, treni e autobus, veramente accessibili, alla portata di tutti.”
È più facile muoversi in mare che a terra
“Quando ho iniziato a navigare sul mio catamarano accessibile ho capito che mi era più facile muovermi in mare che in città. La questione delle barriere architettoniche è culturale, in vent’anni ho visto cambiare molto l’Italia, ma prima non si teneva conto delle persone diversamente abili. Ci vuole una riabilitazione culturale della persona con disabilità motoria, tutti hanno diritto ad una vita normale, andare al bar, attraversare una strada in autonomia.
Ci sono dei paesi come gli Stati Uniti d’America, che per conformazione sono città molto più giovani e più attente alle esigenze della popolazione. Bisogna ricordare che hanno avuto un presidente che si chiamava Franklin Delano Roosevelt ed era poliomielitico. All’inizio forse si vergognavano della sua disabilità, ma hanno sviluppato un’attenzione particolare e lavorato molto per agevolare la mobilità delle persone con handicap.
Credo la progettazione di spazi debba essere armonica, pensata dall’inizio per le esigenze di tutti, non è solo questione di rispettare delle normative imposte. Noi Italiani siamo bravi a fare slalom tra le normative, ma non è quello che crea un ambiente realmente fruibile e innovativo. Ricordo che molte invenzioni di oggetti che utilizziamo quotidianamente sono nate per persone con difficoltà come ad esempio il telecomando della televisione. Quindi quello che può essere riabilitazione alla vita per una persona con disabilità, può diventare funzionale ed innovativo per tutti.”
La riabilitazione passa per la condivisione delle nuove soluzioni scoperte e per il desiderio di migliorare la vita di tutti.
Un messaggio da condividere
“In questa barca veramente c’è un po’ del mio spirito, la parte più positiva che mi ha spinto alla riabilitazione verso una nuova vita. Fin dalla costruzione desideravo che Lo Spirito di Stella fosse portatore di importanti messaggi personali ma anche universali. Durante i primi due anni dopo la costruzione mi sono impegnato a portare un messaggio di speranza e rinascita. Ad oggi contiamo di aver portato gratuitamente in barca a velapiù di diecimila persone con disabilità. L’uscita con il catamarano era per un day sailing in giro per Italia, Spagna, America, o per venti giorni o più in oceano.
Spesso portiamo sul catamarano persone che hanno appena fatto un incidente, ancora ricoverate in unità spinale ed è un’occasione per ritrovare la fiducia. Dove non ci sono delle difficoltà si può vivere normalmente, la barca accessibile è un punto di partenza per abbattere le barriere mentali.
La persona in carrozzina ritrova, a volte, attraverso lo sport, veicolo straordinario, la vitalità, il coraggio e la motivazione per fare un’attività in famiglia. Inoltre, la possibilità di navigare può far conoscere ed abbracciare uno sport fantastico e a contatto con la natura, come la vela.”
La riabilitazione passa per il mare e la navigazione in barca a vela che insegna a vivere in una dimensione più naturale.
I progetti a bordo de Lo Spirito di Stella
“Ho attraversato l’oceano Atlantico tre volte, ogni volta con un progetto ed un messaggio differente:
- Progetto Back to USA
- Manifesto del Turismo Accessibile
- Progetto WoW
Il progetto Back to USA risale al 2004 ed ero spinto da un motivo personale cioè tornare dove la mia vita era cambiata. Inoltre desideravo rincontrare e ringraziare i medici che mi hanno salvato la vita, come riabilitazione della realtà, del cambiamento. Ho navigato con un equipaggio di ospiti e professionisti come Giovanni Soldini, Mauro Pelaschier e sua figlia Margherita, Paolo Bassani, Stefano Riva e altri. Siamo partiti da Genova, con tappa alle Canarie e ai Caraibi per arrivare a Miami. Abbiamo anche partecipato ad una regata, la Rubicon Antigua Challenge da Lanzarote ad Antigua, chiudendo sul podio, con mio grande orgoglio.
Durante il viaggio a bordo con me c’era Omar Papait, uno chef che avevo conosciuto in ospedale al tempo della mia riabilitazione in Italia. Per entrambi è stata un’esperienza importante, dalla camera d’ospedale in cui ci siamo conosciuti, eravamo riusciti ad attraversare insieme l’oceano.
Inoltre per me arrivare a Miami, un luogo che rappresentava un momento negativo, con un messaggio positivo come questo, è stato fantastico. Quello che mi è successo è stato terribile, ma se avessi condotto una vita “normale” di certo avrei fatto cose molto meno utili. Back to USA è stato non solo chiudere un cerchio con il mio destino, ma anche prendere consapevolezza delle barriere architettoniche di terra.”
La seconda traversata per il turismo accessibile
“La seconda traversata atlantica risale tra la fine del 2010, inizio del 2011, quindi dieci anni dopo l’incidente. Con la Regione Veneto volevamo dare voce ad un progetto sociale incentrato sul turismo accessibile, cioè sulla possibilità delle persone con disabilità di viaggiare. In Europa ci sono cento milioni di persone con disabilità, che potenzialmente possono viaggiare, perché non hanno problemi gravi di salute o di reddito.
L’86% però decide di non viaggiare perché non ha risposte adeguate alle proprie domande sul tipo di ospitalità delle strutture. Ad esempio, se non so se trovo un albergo dove posso muovermi con la carrozzina o ristoranti accessibili, decido di non muovermi. Mancano le informazioni per poter scegliere e il problema fa parte sempre della riabilitazione alla normalità delle persone diversamente abili. Per mia esperienza, posso prendere la metropolitana di New York che ha solo 46 stazioni accessibili su 360. Invece, non posso prenderla a Milano, dove ce ne sono 50 su 100, perché mi mancano le informazioni, manca una mappa che le segnali.
Ho passato nove mesi sabbatici in barca, con la mia compagna Maria per promuovere questo progetto e fare un bilancio degli ultimi dieci anni. La barca è rimasta negli Stati Uniti e noi abbiamo continuato dei progetti sociali in Italia, per organizzare corsi di vela accessibili.”
I Sailing Campus, semi che germogliano in una nuova possibilità
“Abbiamo coinvolto tanti amici e Marco Rossato, un ragazzo paraplegico che ha fatto un giro d’Italia da solo su un trimarano di otto metri. Ne sono nati i Sailing Campus, corsi di quattro giorni per disabili su teoria e pratica della vela con delle piccole imbarcazioni. Volevamo piantare dei semi di riabilitazione in tutta Italia presso circoli nautici accessibili perché si iniziasse a fare questo tipo di attività. Io sono stato il fondatore con Marco della classe, ma volevo proseguisse in autonomia e sono contento perché l’iniziativa sta dando soddisfazioni e possibilità.”
Progetto WoW, ruote sulle onde
“L’ultima traversata atlantica risale al 2017, quando abbiamo organizzato il progetto WoW, dall’acronimo wheels on the waves, ruote sulle onde. In realtà mi ha ispirato l’esclamazione di un mio amico quando gli ho raccontato l’impresa e le motivazioni che ci spingevano.
Nel 2006 le Nazioni Unite hanno ratificato un importante documento di 52 articoli, la Convenzione Onu sui diritti della persona con disabilità. È stata creata dalle grandi associazioni americane di persone disabili e spiega come la società e tutti possono fare molto con un comportamento attento.
Questa convenzione suggerisce come rimuovere barriere non solo architettoniche ma soprattutto culturali per una riabilitazione morale del disabile. Il focus è incentrato su quello che la società può fare per mettere il disabile in condizione di avere una vita normale. Sono richiesti piccoli gesti di civiltà, ad esempio se trovo il posto per i disabili occupato non posso scendere dall’auto e scaricarmi la carrozzina. La convenzione ha un forte messaggio morale e anche un grande valore giuridico, varie cause sono state vinte citandola anche in Italia.
Sentivamo il bisogno e l’esigenza di dare visibilità, organizzando un progetto collegato a questa convenzione per farla conoscere a più persone possibili. La barca era negli Stati Uniti e abbiamo stabilito di partire da Miami, passando per New York, Roma ed arrivo a Venezia. Non era solo il viaggio di riabilitazione di Andrea Stella, ma quello di tutte le persone che hanno a cuore i diritti sociali.”
Seguire gli stessi ideali e rispettare le stesse regole, la base della vita condivisa in mare e a terra
“Abbiamo organizzato ventuno tappe e ventuno equipaggi diversi, persone con disabilità e non, civili e militari, la barca navigava con otto persone. Ho un equipaggio fisso, Stefano Locci e Matteo Balli e gli altri cinque o sei, erano ospiti, che molte volte non conoscevamo. Ognuno con caratteristiche diverse, addirittura c’erano dei militari, poiché facevamo molte attività con l’esercito, in particolare con la Marina Militare Italiana e Americana.
La regola era che tutti dovevano partecipare alle manovre veliche e prendersi una responsabilità a bordo, secondo le proprie capacità. Chi scriveva il diario di bordo, chi raccontava con le immagini e chi con i video, chi seguiva un progetto ambientale dell’università di Padova.
Otto persone convivevano in un ambiente ristretto, la barca ha una superficie di circa 20 metri quadri, navigando giorno e notte, in varie condizioni. Volevamo dimostrare che persone così diverse possano non solo convivere, ma conseguire un grande risultato e portare a termine una grande impresa. Questa esperienza testimonia come una società non funziona perché siamo tutti uguali, ma perché tutti abbiamo gli stessi ideali e rispettiamo le stesse regole. Questa è la base secondo me di una famiglia, di un’azienda e di una società.
Quindi questo grande viaggio ha voluto dare visibilità e riabilitazione alla Convenzione Onu sui diritti della persona con disabilità. Arrivati a New York, l’abbiamo ritirata dal Segretario Generale al 38° piano delle Nazioni Unite e consegnata poi a Roma al Papa.”
Riabilitazione è vivere con un sorriso
“Per me è stata una traversata molto importante sia dal punto di vista sociale sia da punto di vista personale. In navigazione tra New York e l’Europa mi sono sposato con Maria, la mia compagna, in mezzo all’oceano.
Il messaggio che vorrei portare a tutti, senza distinzione tra disabili e non, è di affrontare la vita con un sorriso. A volte immagino il vivere come risalire una grande onda: se ti giri indietro, hai paura e pensi di non farcela, potresti capovolgerti. Se resti saldo al timone, hai fiducia e pensi solo al momento presente, ce la farai.”
La riabilitazione passa per un sorriso che aiuta ad affrontare con fiducia le prove che la vita ci chiama a superare.
“Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento.” (Charles Darwin)
Bibliografia
- “Due ruote sull’oceano” di Andrea Stella, Ed. Longanesi, 2006
- “Sfida all’oceano” di Andrea Stella, Ed. San Paolo, 2018