Stampa 3D: cos’è, a cosa serve e… l’ambiente?

Questo articolo sulla stampa 3D nasce da una chiacchierata con Marco Costantini e Marco Pittarella, ideatori di FORMA.

Partiamo dalle basi. Che cos’è la stampa 3D?

Con il termine “stampa 3D” si fa riferimento alla tecnologia che consente di realizzare un oggetto per strati. Il tutto parte da un modello tridimensionale disegnato al computer. Comunemente la stampa 3D viene percepita come un’evoluzione della stampa tradizionale. In pratica, invece di imprimere immagini o caratteri bidimensionali su un supporto cartaceo, si passa alla produzione di veri e propri manufatti in tre dimensioni. L’inchiostro/toner viene sostituito da materiale plastico che, strato dopo strato, forma l’oggetto desiderato. Sarebbe tuttavia riduttivo considerare la stampa 3D solamente in questi termini. Il parallelismo con la stampa su carta è improprio, e deriva semplicemente da una terminologia comune.

Per comprendere la natura di questa tecnologia sarebbe più corretto utilizzare l’accezione inglese additive manufacturing, ovvero produzione additiva. La grande innovazione della stampa 3D, infatti, risiede nella modalità di creazione dei manufatti, non nella possibilità di creare oggetti tridimensionali. Si tratta di una vera e propria rivoluzione, un cambio di prospettiva destinato a modificare radicalmente i sistemi produttivi tradizionali. E così si passa dalla sottrazione di materiale… all’addizione.

 

Produzione sottraendo…

La maggior parte degli oggetti realizzati oggi dall’industria, siano essi di metallo, pietra, legno etc. vengono ottenuti per sottrazione a partire da una porzione più grande di materiale. Questi materiali vengono poi lavorati fino a conferire loro la forma desiderata. Anche altre tecnologie di produzione tuttavia sfruttano l’aggiunta di materiale. Si pensi agli oggetti in plastica ottenuti per iniezione, oppure all’acciaio fuso che colato in un calco assume direttamente la forma desiderata. Tuttavia in entrambi i casi bisogna innanzitutto realizzare il supporto che conferisce la forma alla materia prima. Appaiono dunque evidenti i limiti della realizzazione per sottrazione:

  1. creazione di grandi quantità di scarto, con la conseguente…
  2. necessità di recuperarne il più possibile per rimetterlo in circolo,
  3. bassa differenziazione nella gamma di prodotti realizzabili, visto il costo di adeguare la produzione alla creazione di un manufatto nuovo;
  4. approvvigionamento di materie prime spesso complesso e dispendioso.

Produzione aggiungendo…

La produzione additiva invece si basa sull’aggiunta di materiale solo “là dove serve”. Immaginiamo per esempio il processo di fabbricazione di un cerchio di un’automobile. Tradizionalmente si parte da un blocco di metallo che viene poi tagliato, fresato, forato, levigato etc. fino ad ottenere la geometria desiderata. Una stampante 3D, invece, deposita il materiale solo dove è necessario, strato dopo strato, idealmente senza spreco di materiale. Abbiamo citato un esempio dove il materiale utilizzato è una lega metallica, che nessuno si aspetterebbe possa essere impiegata nella stampa 3D. In verità la gamma di materiali utilizzabili è molto ampia: esistono le classiche stampanti a deposizione fusa, che generalmente utilizzano polimeri. Altro tipo sono le stampanti stereolitografiche, che sfruttano una sorgente di luce per polimerizzare la resina. Ma esistono anche stampanti a sinterizzazione, in grado di produrre oggetti in metallo, ceramica, poliammidi etc.

Quali sono i vantaggi e per cosa può essere realmente utilizzata?

I vantaggi della stampa 3D sono numerosi, alcuni dei quali sono già stati citati. Sicuramente uno dei più rilevanti consiste nel bassissimo spreco di materiale, che può diventare quasi nullo se si prevede un sistema di riciclo efficace. Oltre alle stampe “fallite”, ossia quegli oggetti che presentano gravi imperfezioni, la maggior parte del materiale plastico di scarto è composto dai supporti stessi che la stampante realizza per sostenere l’oggetto durante il processo di stampa. Questi si rendono necessari In presenza di sbalzi oppure di porzioni di stampa prive di sostegno. I materiali più comuni utilizzati dalle stampanti FDM possono essere recuperati con una certa facilità, e diventare così nuovo filamento pronto per essere stampato.

Altro importante vantaggio della stampa 3D è la sua versatilità. È possibile infatti creare oggetti tra i più diversi, anche dalle geometrie molto complesse. Spesso ci piace dire che qualsiasi cosa che può essere disegnata, può essere stampata in 3D. Rispetto alle tecnologie tradizionali, è possibile creare ogni volta qualcosa di completamente nuovo, senza affrontare alcun tipo di difficoltà. D’altro canto la stampa 3D attualmente non è adatta alla realizzazione in serie di grandi quantità di oggetti, vista la lentezza del processo produttivo.

La relativa accessibilità delle stampanti 3D oggi consente a chiunque di poter realizzare autonomamente moltissimi oggetti. Immaginiamo per esempio ai vantaggi che si possono ottenere in ambito domestico. Si pensi a quante cose obsolete o danneggiate possono essere migliorate o aggiustate realizzando nuovi componenti con una stampante 3D. Oltre a stimolare la creatività, questo induce le persone a ragionare in termini di recupero, evitando inutili sprechi e limitando la produzione di rifiuto.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della stampa 3D, si può dire che non esistono limiti in ciò che può essere realizzato. Automotive, architettura, occhialeria, industria aerospaziale, medicina, gioielleria sono solo alcuni dei settori in cui la stampa 3D oggi gioca un ruolo molto importante. L’ additive manufacturing è destinato a rivoluzionare gradualmente ogni ambito lavorativo, e molte industrie troveranno sempre più conveniente convertire i propri sistemi produttivi in favore di un processo additivo.

Veniamo all’argomento che più ci interessa: che impatto ha la stampa 3D sull’ambiente?

Se ci riferiamo alle stampanti FDM è inevitabile pensare come queste contribuiscano alla produzione di rifiuto “plastico”. Bisogna tuttavia considerare la facilità con cui questi materiali plastici possono essere recuperati e riutilizzati. Forma, ad esempio, si è da poco dotata di un sistema per il riciclo del materiale plastico di scarto, che consente di eliminare quasi completamente la produzione di rifiuti. Grazie al sistema Felfil Evo e Felfil spooler, realizzati dall’azienda torinese Felfil s.r.l., possiamo fondere gli scarti ed estrudere nuovo filamento, che viene poi avvolto in una bobina. In questo modo ogni grammo di materiale può essere riutilizzato per nuove stampe.

Stiamo cercando inoltre di realizzare un progetto ambizioso. L’intento è limitare l’impatto ambientale della plastica prodotta dalle stampanti FDM e allo stesso tempo venire incontro alle esigenze degli stampatori. L’idea consiste nel costituire una sorta di “centro di raccolta” dove conferire scarti di stampa. Per poi offrire agli utenti la possibilità di ricevere bobine di filamento riciclato prodotto con i loro stessi scarti. Abbiamo contattato anche Felfil s.r.l. per saperne di più sul loro progetto.

FELFIL: come rendere eco-friendly la stampa 3D

FELFIL nasce come progetto di tesi dei suoi creatori in Ecodesign al Politecnico di Torino. Nelle loro parole: “erano i primi anni in cui all’interno della facoltà si vedevano delle stampanti 3D e abbiamo subito notato la quantità di scarti che inevitabilmente venivano prodotti, così abbiamo pensato a come avremmo potuto recuperarli ed è nato il progetto Felfil (che in piemontese si significa “fare il filo”)”

Dopo ci sono stati i primi passi a qualche Maker Faire e si è capito che FELFIL riscuoteva grande interesse, così è stata avviata una campagna di crowdfunding. “Siamo partiti senza un soldo” è quello che ci hanno raccontato. “Quindi siamo entrati nell’incubatore del Politecnico e abbiamo lanciato ad Ottobre 2015 la campagna su Kickstarter, una delle prime avviate dall’Italia, che fortunatamente ci ha permesso di portare a compimento il nostro progetto”.

Inizialmente il prodotto era destinato ai maker e ai Fablab che utilizzano la stampante 3D per la realizzazione di prototipi. Inoltre cinque anni fa, il costo delle bobine era decisamente più elevato di quello odierno, quindi il vantaggio economico era ancora più evidente. Col passare degli anni l’utenza si è poi allargata verso il B2B, quindi laboratori di ricerca, università o aziende che effettuano esperimenti con polimeri innovativi e molto costosi.

Che altri sviluppi si prevedono per FELFIL?

Il sistema Felfil Evo consente anche di riciclare alcuni rifiuti plastici comuni, che possono servire per creare nuovo filamento. Si possono utilizzare ad esempio i tappi delle bottigliette di plastica oppure i flaconi dei detersivi, che sono in HDPE. Purtroppo è molto difficile riciclare le bottiglie in PET, a causa della tecnologia con la quale vengono prodotte.

Per completare il sistema gli ideatori di FELFIL stanno lavorando ad un trituratore da scrivania (“Tritino”), con lo scopo di realizzare un’economia circolare domestica, anche se in piccola scala. Le stampanti 3D hanno potenzialità enormi, in molti casi non ancora sfruttate pienamente. Una delle problematiche maggiori è rappresentata proprio dagli scarti che vengono prodotti. Questo è dovuto sia a modelli sbagliati che ad oggetti inutili che vengono buttati dopo poco tempo. Limitare l’uso della plastica monouso è una delle priorità al giorno d’oggi, ma eliminarla rappresenta ancora un’utopia, anche perché in molti settori porta enormi vantaggi in termini sia di prestazioni che di costi. È dunque ancora una risorsa importante, specialmente vista la possibilità di riciclarla in maniera abbastanza semplice.

Tornando ai ragazzi di FORMA, raccontateci un po’ di voi e di come è nata la vostra idea.

Abbiamo sempre trovato affascinante il mondo della stampa 3D, per la facilità con cui è possibile realizzare un manufatto concreto, dare vita a qualcosa che inizialmente è solo un disegno sul monitor di un computer. Grazie alla nostra comune formazione universitaria abbiamo maturato una certa dimestichezza con diversi software per la modellazione tridimensionale, perciò sapevamo che avremmo potuto sfruttare appieno le potenzialità della stampa 3D. Trascinati dalla passione, abbiamo subito cercato di costituire un progetto più ampio, creando una sorta di “studio di progettazione 3D”. Nel giro di poco tempo abbiamo investito molte risorse per aumentare la nostra capacità produttiva e permetterci così di affrontare sfide sempre nuove.

Su quali tecnologie vi basate?

Forma utilizza stampanti FDM (Fused deposition modeling) e DLP (Digital light processing), a seconda della tipologia di manufatto da realizzare.

Come già accennato, le stampanti FDM utilizzano diversi polimeri, inizialmente sotto forma di granuli oppure come filamento avvolto intorno a una bobina, i quali vengono fusi, estrusi attraverso un ugello e depositati sul piatto della stampante. L’oggetto finito è composto da numerosi strati di materiale sovrapposti.

Le stampanti DLP, d’altro canto, funzionano in maniera molto diversa. La materia prima è la resina, di cui esistono diverse tipologie destinate ciascuna a uno specifico campo di applicazione. La resina, inizialmente liquida, viene polimerizzata da un fascio di raggi UV, che viene proiettato solo in quei punti di cui si compone l’oggetto in ogni strato. La resina polimerizzata aderisce a una piattaforma che si solleva mano a mano che il processo di stampa prosegue. L’oggetto finito rimane attaccato alla piattaforma e si trova in posizione capovolta. A differenza delle stampe realizzate con una FDM, gli oggetti in resina necessitano di una post-produzione molto più laboriosa, ma il livello di dettaglio è molto più elevato. Entrambe queste modalità di stampa presentano pregi e difetti, che vanno considerati attentamente prima di eseguire ciascun lavoro.

In quali settori lavorate maggiormente?

Ci siamo cimentati sempre in cose diverse, del resto la stampa 3D è molto versatile e l’unico limite è l’immaginazione. Inoltre ci piace affrontare sfide progettuali sempre nuove. Questo ci consente di accrescere rapidamente le nostre competenze, ed esplorare nuove possibili applicazioni della stampa 3D.

Per citarne alcune, abbiamo lavorato in ambito medico nella ricostruzione e realizzazione di modelli anatomici a partire dalle TC. Una risorsa molto utile per il medico quando deve individuare la migliore strategia di intervento.

Abbiamo poi realizzato componenti per moto e automobili, plastici architettonici, concept per il product design, espositori, accessori per la fotografia, gioielli, parti di ricambio di ogni genere. E ovviamente le maschere filtranti del “Progetto Tony’’!

Il Progetto Tony è stato molto importante anche per KISS. Voi come ci siete entrati?

Tutto è cominciato quando un nostro amico, medico, si è rivolto a noi chiedendoci se fosse possibile realizzare una maschera facciale filtrante stampata in 3D, riutilizzabile. Parliamo di marzo 2020, ovvero quando sono scattate le prime misure di contenimento per Covid-19. Per assurdo anche i medici hanno dovuto misurarsi con la difficoltà nel reperire dispositivi di protezione adeguati. Abbiamo dunque iniziato a ragionare sulle possibili soluzioni, ma presto ci siamo resi conto che la difficoltà maggiore stava nell’individuare il filtro più adatto. Si trattava di qualcosa che andava oltre le nostre competenze, per cui abbiamo deciso di chiedere aiuto e così ci siamo imbattuti nel gruppo di lavoro del progetto Tony. Tutti insieme abbiamo sviluppato il design della maschera, in seguito, noi ci siamo occupati della realizzazione tramite stampa diretta.

L’incontro con KISS è stato poi propizio, perché ci ha permesso di fare fronte alle spese di produzione, ci ha aiutato nello sviluppo del progetto, si è occupata di reperire la quantità di filtri necessaria e ha gestito tutte le spedizioni. Siamo felici di essere entrati in contatto con la vostra associazione, e desideriamo continuare a collaborare con KISS per realizzare nuovi progetti.

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